I Papi venuti alla Basilica di San Nicola


P. Gerardo Cioffari OP

 
Gerardo Cioffari o.p.
 
I PAPI VENUTI  
ALLA BASILICA DI SAN NICOLA
NELLA STORIA
 
    I papi che hanno reso visita alla Basilica di San Nicola nella storia sono cinque: Urbano II (due volte), Callisto II, Anacleto II (antipapa), Innocenzo II e Giovanni Paolo II. Non sono stati presi in considerazione i papi che sono venuti precedentemente da cardinali, come ad esempio il papa Pasquale II nel 1098 e Benedetto XVI nel 1985.
 
  1. Urbano II.1089 e 1098
La serie dei papi venuti in visita alla Basilica di San Nicola si apre con Urbano II, che venne in due importanti occasioni, la reposizione delle ossa di san Nicola sotto l’altare della cripta (1.X.1089) e il concilio di Bari del 3-10.X.1098. 
Invitato da Boemondo d’Altavilla, signore di Bari, e dall’arcivescovo Elia, il papa giunse a Bari da Melfi il 30 settembre. Il giorno dopo, tra una moltitudine di gente festante e alla presenza del fior fiore dei guerrieri normanni, si prostrò dinanzi alle reliquie di S. Nicola e, dopo averle ba­ciate, le ripose sotto il grande altare di marmo della cripta. Il giorno successivo consacrava solennemente anche l’arcivescovo Elia, eletto sin dal febbraio di quell’anno dal popolo e dal clero.Questi grandi eventi del 1° ottobre 1089 sarebbero stati poi immortalati da Carlo Rosa sulla volta del transetto destro della Basilica.
Prima di lasciare la città, il 5 ottobre 1089, in una bolla (conservata negli archivi della Cattedrale) così Urbano II ricordava la consacrazione pontificia dell’arcivescovo Elia: 
“Urbano vescovo, servo dei servi di Dio, al carissimo fratello, arcivescovo Elia, salute ed apostolica benedizione.
Poiché ai nostri tempi, fratello carissimo, l’Onnipotente Iddio si è degnato di visitare con il corpo del suo beato confessore Nicola, la chiesa barese, detta anche canosina, che tu per volontà di Dio reggi, Noi, per volontà di Dio Vicario degli Apostoli Pietro e Paolo, discesi nella provincia di Puglia per questioni ecclesiastiche, invitati dalle richieste dei carissimi figli della Chiesa Romana, il duca Ruggero e suo fratello Boemondo, e dalle vostre insi­stenze, abbiamo visitato la vostra città per la speciale devozione verso il beato confessore Nicola: con grande concorso di popolo proveniente da ogni parte e con gioia, dopo aver riposto le reliquie del beato Nicola nel luogo recondito a ciò preparato, contravvenendo alla consuetudine della nostra Chiesa Romana ed Apostolica, abbiamo consacrato te, dilet­tissimo fratello, nella tua propria sede, per rispetto verso il beato Nicola ed affetto verso il tuo popolo”.
  Più oltre, parlando delle festività durante le quali Elia poteva portare il pallio, Urbano II menzionava anche la traslazione, “in translatione etiam Domini Confessoris Nicolai”. Si compiva così l’auspicio del cronista Giovanni Arcidiacono che all’arrivo delle reliquie aveva esortato tutte le chiese del mondo (universis Christi ecclesiis) a festeggiare non solo il dies natalis, cioè il giorno della morte di San Nicola (6 dicembre), ma anche la traslazione (9 maggio).
    Quest’epoca d’oro della civiltà barese, che aveva trovato la sua espressione socio reli­giosa nell’evento storico della traslazione delle reliquie di San Nicola, raggiunse il suo cul­mine nell’ottobre del 1098, allorché il papa Urbano II tornò a Bari per la seconda volta a presiedere un concilio nella Basilica del Santo.
Il contesto era completamente diverso perché, proprio grazie all’appello di Urbano II ai principi cristiani, i crociati erano in procinto di conquistare  Gerusalemme. La più grande impresa l’aveva compiuta alla fine di giugno del 1098 il signore di Bari, Boemondo, conquistando la città di Antiochia. Con altri condottieri invitò i papa ad Antiochia, ma Urbano II, desideroso di ritrovare la pace ecclesiale, preferì non urtare la sensibilità dell’imperatore Alessio Comneno. Decise perciò per un concilio a Bari in cui fosse proclamata la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica.
Insieme ad altri 184 vescovi giunse a Bari anche il più grande pensatore dell’epoca, Anselmo d’Aosta, arcivescovo di Canterbury. La sua presenza fu importante sia dal punto di vista dottrinale, perché la sua rappresenta la prima esposizione della dottrina cattolica sul Filioque (principale differenza dalla teologia orientale), che cronachistico. La sua Vita, scritta dal segretario Eadmer, attento osservatore al concilio, è infatti la fonte principale dell’andamento di quella storica assemblea. Naturalmente furono affrontati vari argomenti, dalla crociata all’eventuale scomunica del re d’Inghilterra, dalla simonia al riassetto delle diocesi della Sicilia da poco strappata ai musulmani, ma i cronisti si soffermarono piuttosto sugli aspetti scenografici. 
L’Anonimo Barese riporta che il concilio si tenne intus in Ecclesia beatissimi Nicolay, ed anche i cronisti inglesi ribadiscono che ebbe luogo ante corpus beati Nicolai.  Eadmer, il segretario di S. Anselmo, si attarda ad ammirare lo splendore delle vesti episcopali, mentre Guglielmo di Malmesbury ricorda che il pavimento della chiesa era ornato di bellissimi tappeti; da parte sua l’Anonimo Barese menziona la “mirifica sedes” (la famosa “cattedra dell’abate Elia”) che l’arcivescovo di Bari, Elia, il costruttore della Basilica, aveva fatto approntare per l’arrivo del papa. 
Come Anselmo farà notare nell’opuscolo “De processione Spiritus Sancti contra Graecos”, scritto per rendere più organiche e ordinate le argomentazioni presentate al con­cilio di Bari, non mancarono contestazioni da parte dei Greci. Gli si fece notare, ad esempio, che nel Credo non ci sono le espressioniDeus de Deo, né Filioque, ma solo “ex Patre procedit”. Tuttavia, se è vera l’affermazione di Eadmer che al termine del discorso si levò un clamore di approvazione, bisogna proprio dire che i ragionamenti di Anselmo dovettero colpire anche i Greci per la novità dell’impostazione e l’acutezza del pensiero. 
Si può tranquillamente affermare che, dal punto di vista dottrinale, quello di Bari fu superiore a molti concili ecumenici, ed avevano perciò ragione storici come il Labbe, a rimpiangere la perdita degli Atti.
 
  1. Callisto II.1120
Dopo Urbano II il primo papa a venire a venerare le reliquie di San Nicola fu Callisto II. E’ vero che Pasquale II in alcune sue lettere ricorda la sua venuta a san Nicola per il concilio di Bari, ma era venuto da cardinale non da papa. Sua è comunque la pergamena fondamentale del 1105 che stabiliva la dipendenza diretta della Basilica dalla santa Sede, escludendo qualsiasi giurisdizione arcivescovile.
Callisto II è il celebre papa delLiber Calixtinus, il testo base dei pellegrinaggi a san Giacomo di Compostella. Dimostrò il suo amore per san Nicola nel concilio ecumenico Laterano I (1123), facendo inserire nel canone 15 questa proibizione: 
In conformità ai canoni dei santi padri, noi interdiciamo e proibiamo ai laici, sotto pena d’anatema, di prendere per sé le offerte degli altari di S. Pietro, del Salvatore e di S. Maria della Rotonda, delle chiese di san Nicola di Bari e di Saint Gilles, o degli altri altari o croci di tutte le chiese: e proibiamo anche, in virtù dell’autorità apostolica, di circondarle con un castello e di ridurle in servitù[1].
La sua venuta a Bari non aveva come scopo primario il pellegrinaggio a San Nicola, bensì di fare attuare la tregua di Dio che era riuscito a fare firmare da parte di molti conti normanni e dal principe di Bari Grimoaldo. La debolezza del potere centrale di Palermo stava provocando insurrezioni ovunque, e ne aveva fatto le spese anche l’arcivescovo di Bari, Risone, ucciso in un’imboscata nel settembre del 1117. A Bari Callisto II addivenne al seguente compromesso: riconobbe la legittimità del principato di Grimoaldo (ottenuto con la forza) in cambio della liberazione di Costanza d’Altavilla, la vedova di Boemondo[2].
Il Beatillo, che fa riferimento ad “antiche scritture e privilegi” della Basilica, affermava circa 400 anni fa[3]che papa Callisto scese nella cripta a venerare le reliquie di San Nicola. Certamente, avrebbe fatto meglio a specificare le sue fonti, ma è difficile mettere in dubbio la storicità dell’evento, anche perché il Beatillo riporta alcuni particolari che poteva aver letto solo in documenti antichi.
 
  1. Anacleto II.1130
Erano trascorsi dieci anni dall’arrivo a Bari di Callisto II, quando la città fu teatro di un’altra visita papale, quella dell’antipapa Anacleto II. La situazione era però molto cambiata: sfidando il divieto papale il duca Ruggero II, non contento del titolo di “duca di Puglia” (strappato al papa Onorio II), aspirava al titolo di re. 
Nel febbraio del 1130 moriva Onorio II e a succedergli furono eletti non uno, ma due papi: Innocenzo II (da una mi­noranza) e Anacleto II (da una maggioranza, comprendente però, sembra, dei non aventi diritto al voto). Il primo, anche se dovette abbandonare Roma, ebbe maggiori consensi internazionali, grazie soprattutto all’appoggio di S. Bernardo di Chiaravalle. Il secondo, non riuscendo ad avere dalla sua l’im­peratore Lotario, ottenne l’appoggio del suo avversario Corrado di Hohenstaufen, re di Germania. In più, per assicurarsi l’appoggio di Ruggero II, gli diede la disponibilità ad incoronarlo re.
Forte del riconoscimento di Onorio II quale duca di Puglia, Ruggero concesse ad Anacleto II di tenere un concilio a Bari[4]. Il concilio effettivamente si tenne ma, forse per gli ostacoli frapposti dal principe Grimoaldo, si tenne a Canosa dal 5 al 9 novembre 1130. Dopo di che Anacleto II andò a Palermo ad incoronare Ruggero II, primo re di Sicilia. 
La vendetta di Ruggero II per il voltafaccia di Grimoaldo arrivò nel 1132 quando, conquistata la città, lo mandò in catene in Sicilia, ed appose nella Basilica di san Nicola (sulla parte frontale del ciborio) lo smalto con San Nicola che lo incorona (oggi nel Museo Nicolaiano). E’ più che probabile che in Basilica si fece nuovamente incoronare da Anacleto II per affermare la sua regalità anche sulla Puglia, e certamente i due si recarono nella cripta a rendere omaggio a san Nicola. Da questo gesto nacque la leggenda ripetuta da molti scrittori che nella Basilica di San Nicola venivano incoronati i re di Sicilia.
 
  1. Innocenzo II.1137
Nel 1137 la Basilica assistette all’evento forse più spettacolare della sua storia: il papa e l’imperatore insieme a celebrare la festa della Pentecoste. La cosa fu resa possibile dal fatto che due anni prima l’imperatore Lotario II ebbe la meglio sul suo avversario Corrado di Hohenstaufen, per cui progettò ben presto la spedizione nell’Italia meridionale contro re Ruggero II. Il papa Innocenzo II fu ben lieto di accompagnarlo nella speranza di eliminare il suo oppositore, l’antipapa Anacleto II e di reprimere lo scisma.
A differenza di altre città, il 20 maggio Bari aprì le porte all’imperatore. Il 25 giungeva il papa ed il grosso dell’esercito tedesco che si era attardato sotto le mura di Trani (che aveva opposto una tenace resistenza). La popolazione aiutò i tedeschi desiderosi di impadronirsi del castello, ma i tentativi non riuscirono a motivo dell’eroismo dei saraceni messi a guardia da Ruggero II.  
Il 29 maggio l’imperatore e il papa seppellirono in Basilica l’arcivescovo di Colonia Brunone, definito dallo storico Ottone di Frisinga “archiepiscopus venerabilis et adprime eruditus”. Il 30, giorno di Pentecoste, si procedette alla spettacolare celebrazione di questa solennità, alla presenza del fior fiore dell’esercito tedesco e dei principali alleati italiani (cum generali conventu Italicorum principum).
L’evento dovette suscitare enorme impressione se alcuni cronisti riportano un episodio straordinario che sembra essere nato dalla fantasia popolare. L’Annalista Saxo, ad esem­pio, racconta:
A Bari, il giorno di Pentecoste, mentre il papa celebrava la messa solenne, sulla chiesa di S. Nicola fu vista una corona aurea che scendeva dal cielo. Su di essa c’era una colomba, e sotto veniva portato un turibolo con l’incenso. Li precedevano due ceri accesi[5].
Terminata la festa di Pentecoste, con ancora nell’aria la forte emozione dominante nella città, sia il papa che l’imperatore dovettero tornare alla realtà dei fatti.
Il papa cominciò col deporre l’arcivescovo Angelo, consacrato dall’antipapa Anacleto II, e che aveva appena fatto in tempo a fuggire quando si era saputo dell’appressarsi di Lota­rio. Oltre a lui depose anche tutti quei sacerdoti che da lui erano stati ordinati. Dopo di che fece eleggere ad arcivescovo un certo Giovanni. 
Sembrava che l’ordine e la pace fossero ritornati in Puglia e nel Mezzogiorno, anche perché nel 1138 morì Anacleto II, ma non fu così perché poco prima era morto l’imperatore e il 25 luglio 1139 Innocenzo II veniva catturato da Ruggero II. Questi si vendicò non solo coi capi della città, ma anche col disseppellire dalla Basilica il defunto arcivescovo di Colonia e facendolo trascinare per le strade della città. 
 
  1. Giovanni Paolo II.1984
L’ultimo papa giunto in Basilica è stato Giovanni Paolo II. La sua visita il 26 febbraio del 1984 fu ricca di eventi e manifestazioni. Accolto dall’arcivescovo di Bari Mariano Magrassi e dalle autorità cittadine, il papa paragonò il vento che implacabile non si quietò un momento al vento dello Spirito della Chiesa primitiva.
Giovanni Paolo II celebrò la messa presso lo stadio della Vittoria. Nell’omelia la sua voce si levò al di sopra del vento: Chi è il tuo Dio, Nicola ? Chi è il tuo Dio al quale tu rendi testimonianza ?E’ il Dio della Provvidenza! E Nicola ha saputo essere “provvidenza” per gli altri, perché con tutta la sua vita ha cercato prima il Regno di Dio.
Dopo la messa il papa avviò una serie di incontri, mettendo al primo posto i malati. Seguì il momento delle categorie imprenditoriali, incontrate nella Fiera del Levante. Riconoscendo il valore delle loro iniziative il papa volle comunque ricordare che nessuna legge del profitto economico e della produzione ottimale dovrà vanificare ed ostacolare il raggiungimento di traguardi spirituali essenziali all’uomo. 
Tra due ali di folla Giovanni Paolo II giunse  poi alla Basilica di San Nicola, dove, sul sagrato, recitò l’Angelus. L’omelia fu particolarmente incisiva perché in essa ribadì il significato ecumenico della sua visita. Entrato in Basilica ed accolto dai padri domenicani mentre il coro dei benedettini di Noci elevava suggestivi canti liturgici, scese nella cripta a rendere omaggio al Santo inginocchiandosi sulla sua tomba.
Risalito nella Basilica superiore, accompagnato dal card. Willebrands, il papa accese la lampada uniflamma col metropolita di Mira Crisostomo Konstantinidis: Il vescovo di Roma viene pellegrino al sepolcro del santo Vescovo di Mira ed in lui rende omaggio alla Chiesa d’Oriente.
In un certo senso questo rito rappresentava il cuore di tutto l’evento. Il profondo senso simbolico della lampada che viene alimentata da due fonti di olio che incontrandosi creano una sola fiamma, esprimeva lo scopo del viaggio. E questo voleva essere anche un incoraggiamento ai Padri domenicani di proseguire nella loro attività ecumenica, incontrando e dialogando con i fratelli ortodossi che tanto venerano san Nicola.
Nel pomeriggio, dopo la visita in cattedrale e ai malati del Policlinico, ha fatto visita alla Chiesa di Bitonto, dopo di che ha ripreso l’aereo che l’aveva portato a Bari. Oggi siamo in attesa del papa Francesco.
 
 

[1]Cfr.  C.J.Hefele, H. Leclercq, Histoires des conciles, V, Première partie, Paris 1912, p. 635. Anche G. Alberigo e G. Dossetti, Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Dehoniane, Bologna 2002, p. 192 (che però lo numera come canone 12, invece di 15).
[2]Chronicon Fossae Novae, a. 1120.
[3]Antonio Beatillo, Historia di San Niccolò, Napoli 1620, p. 885.
[4]F. Chalandon,Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile,II, Paris 1907, p. 8. Per i dettagli di questo concilio vedi il mio saggio Sinodalità e concili a Bari nel Medioevo, in Le tradizioni sinodali della Chiesa di Bari, a cura di Salvatore Palese, Edipuglia, Bari 1997, pp. 55-62.
[5]Annalista Saxo, in MGH VI, p. 771.