San Domenico
uomo della compassione

 
Se dovessimo descrivere la personalità di Domenico di Guzman, la compassione sarebbe un elemento che spiccherebbe in modo del tutto eminente; è il sentimento che nasce dal cuore dell’uomo che è in grado di condividere qualsiasi cosa con l’altro in maniera non distaccata o forzata, come nelle circostanze in cui a volte potremmo trovarci; è il sentimento che esprime un senso di vicinanza profonda ed è frutto del sentirsi membra di unico corpo, ben compaginate e connesse. La compassione diventa garanzia di considerazione dell’altro sia egli parte della mia storia sia estraneo. 
Una delle molteplici definizioni contenute nella Scrittura che ci descrive in maniera schietta la compassione, o la misericordia, è tratta dalla lettera di Paolo ai Romani: «rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri» (Rm 12, 15-16). La compassione va oltre la semplice filantropia; non è affatto un guardare il mio prossimo dall’alto verso il basso, pensando che la mia persona possa dargli quel poco di cui ha bisogno per potersi sentire meglio; essa è proprio l’opposto: è entrare nella povertà, nello stato di sofferenza, nell’abisso in cui non si riesce a vedere la luce. La compassione, tra le virtù morali, è il Cireneo che diventa manifestazione di speranza e di amore divine, per cui si vede il Cristo in chi soffre e, colui che soffre, vede un salvatore in colui che l’aiuta.
Domenico, con la sua vita e il suo operato, si presenta a noi come icona della compassione. Rileggendo la sua esistenza, si scopre un uomo non indifferente alle vicende storiche della Chiesa del suo tempo e che si offre ad Essa operando nel nascondimento. Lungi da noi il pensare Domenico come un predicatore da strapazzo. La santità di quest’uomo è tutta ricolma di umanità; Domenico non è il supereroe che libera dal male qua e là; Domenico è icona della Parola fatta carne nel silenzio della casa di Nazareth. È il suo esempio e la sua predicazione che avvincono, non i fatti eclatanti! Anche Domenico ha compiuto miracoli quando era ancora in vita, ma non è questo (fortunatamente) il motivo per cui è celebre.
 
LA COMPASSIONE DALLA SUA GIOVINEZZA FINO AL TRAMONTO DELLA SUA VITA
Della sua infanzia si ricorda un aneddoto: dopo che la madre gli ebbe rimboccato le coperte,Domenico si rialzava dal letto preferendo il pavimento come suo giaciglio. Cosa spinge Domenico a compiere questo? L’amore. Domenico sceglie ciò che è scomodo per sé per dare comodità ad un Qualcuno che lo muove a fare ciò e che gli offre qualcosa di più importante. Possiamo sin da subito riscoprire in lui l’uomo della mortificazione, in grado di rinunciare alle proprie aspirazioni per assecondare Cristo nella salvezza del prossimo. Profondo il suo desiderio di dedicarsi allo studio della Teologia e di conoscere in maniera profonda la Verità, per il servizio a tutta la Chiesa, specialmente nei suoi membri più poveri. La povertà riguarda solo la mancanza di pane, o anche fame di Cristo? Questa sete di conoscenza per salvare le anime, si fa strada nella sua vita e la Provvidenza diffonde la sua fama per tutta la Castiglia tanto da ricevere l’invito ad entrare nel Capitolo di Osma. 
L’umiltà di san Domenico è tale che, senza replicare, durante la sua predicazione per strada, subisce sputi, fango in faccia, immondizia sul corpo e paglia sulla schiena. Se all’inizio abbiamo citato una parte del versetto che racconta la compassione, questo atteggiamento del santo Padre nostro ci ha mostrato ciò che Paolo, poco prima, dice ai Romani: «benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite» (Rm 12,14). Domenico, dopo aver condotto un oste a Dio, parlando con lui tutta la notte, comprende sempre più la sua vocazione: lui, l’uomo provato in tutto e per tutto, vince per amore di Colui che lo ha chiamato dalle tenebre alla sua splendida luce (cf. 1Pt 2,9). Domenico è sacerdote, e il suo cuore è quello del pastore. «Vedendo le folle ne ebbe compassione perché erano come pecore senza pastore» (Mt 9, 36). La sua compassione per colui che è lontano da Cristo-Verità lo spinge a non schierarsi dalla parte della crociata, perché, quale uomo dal cuore di Cristo, crede profondamente nella bellezza dell’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Domenico, nella sua vita, segnata da un’intima unione col mistero trinitario, riceve il dono del pianto:  grazia, questa, che gli permetteva di sperimentare, nel sacrario del proprio cuore, le miserie dei fratelli. Il pianto di Cristo per la morte di Lazzaro è prolungato da Domenico per l’umanità ferita. Nella sua giovinezza il cherubico Padre ha sperimentato la spogliazione dei suoi averi, ma la povertà del cuore, il vuoto interiore, l’assenza di Cristo diventano i criteri per la sua idea di povertà che desidera sconfiggere per mezzo della contemplazione e della predicazione. «Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri… per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto» (Is 61, 1.3). 
Domenico è uomo dello Spirito e da buon samaritano, accogliente è pronto a testimoniare con la vita, a curare le ferite con il vino della Verità e l’olio della consolazione. La compassione lo muove alla predicazione, a mettersi in viaggio, combattendo sfide da cui, a volte, ne uscirà sconfitto. Ma Domenico da chi attinge questa forza e, allo stesso tempo, questa consapevolezza di dover soccorrere chi non conosce la Verità? La figura stupenda che Cristo ha donato alla sua Chiesa è quella dell’uomo orante: durante la sua preghiera immagina per sé scene di martirio che lo spingano ad un‘intimità talmente profonda da dimenticare la stanchezza e di far riposare quelle sue povere membra donate interamente a Cristo come pane spezzato per i fratelli; (cf. Atti di Bologna 29). Nel proprio cammino di conformazione a Cristo, Domenico trasferisce nella sua preghiera questa passione traboccante; i suoi primi biografi ci raccontano della sua preghiera che non poteva rimanere chiusa nella sua coscienza, ma esplodeva in gesti esteriori: ecco da qui la tradizione dei Nove modi di pregare di san Domenico. Nel cuore di Domenico, uomo e predicatore della Parola, alberga la corresponsabilità per la salvezza dei fratelli. La sua compassione scaturisce dal saper amare veramente e gratuitamente l’altro, non solo perché è uomo bisognoso, ma perché è carne di Cristo. Come Gesù prese il peccato dell’uomo su di sé sulla Croce, così Domenico, desideroso del martirio, prende come croce l’umanità ferita e la sua preghiera versa su di essa l’olio della consolazione. Le braccia di Domenico diventano un prolungamento delle braccia di Cristo in croce: la sofferenza assume così un valore salvifico e le piaghe del Salvatore diventano per lui sorgente di Speranza e fonte della vita senza tramonto. 
I tratti di uomo compassionevole sono visibili fino al termine del suo percorso terreno. Nonostante la febbre molto alta, Domenico sorride e apre la bocca solo per parlare di Dio al frate che l’assiste. Raccomanda di vivere la Regola con fervore e di avere prudenza nei rapporti con le donne e specie quelle giovani. Circondato dai suoi frati, maestro Domenico alza le mani al cielo e prega: «Padre Santo, tu sai che volentieri ho perseverato nella tua volontà e ho custodito coloro che mi hai affidato, li raccomando a te, consolali e custodiscili». La compassione di Domenico è rivolta, ora, anche ai suoi frati che ormai si sentono come figli lasciati prematuramente dal Padre; a loro mancherà la testimonianza di vita di quest’uomo o semplicemente l’essere visitati da lui durante il riposo notturno e vederlo rimboccare le coperte ai suoi confratelli (tanto per raccontare un avvenimento che lo descrive per ciò che era). Non è soltanto la commozione di un uomo ipersensibile, ma è lo spirito di un santo che agisce da alter Christus, non anteponendo l’interesse personale alla Carità della Verità. Questo è essere radicati nell’amore! «Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro» (2 Cor 5,15). La sua compassione vince la durezza dei cuori e li rende disponibili ad accogliere la Sapienza che Domenico è pronto a riversare come acqua per irrorare i terreni inariditi. 

Per dirla con le parole di Paolo: «questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l›inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore». Allora come oggi, Domenico è per noi, colui che vince l’indifferenza e dispone l’anima al dialogo per cercare insieme la Verità, fonte della compassione.


fr. Giovanni Cafagna OP